Il foglio di via obbligatorio è una misura di prevenzione personale prevista dall’art. 2 del D. Lgs. n. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) adottata dal Questore.
La norma, facendo espresso richiamo ai soggetti di cui all’art. 1 del D. Lgs. cit., dispone che il provvedimento del foglio di via può essere adottato nei confronti di coloro che debbano ritenersi abitualmente dediti a traffici delittuosi; coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; coloro che per il loro comportamento debba ritenersi che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
Qualora tali soggetti risultino essere pericolosi per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dal luogo di residenza, il Questore può rimandarveli (c.d. ordine di rimpatrio) con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate.
La misura di prevenzione in esame, dunque, ha natura promiscua, implicando effetti coercitivi e inibitori: il rimpatrio, con il foglio di via obbligatorio, e il divieto di ritorno.
L’applicazione della misura di prevenzione in esame, dunque, è ancorata alla riconduncibilità della persona ad una delle anzidette categorie previste dall’art. 1 del D.lgs. n. 159/2011, al giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica nei confronti del soggetto, nonché al trovarsi quest’ultimo fuori dei luoghi di residenza.
Occorre precisare che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, per “luogo di residenza” deve necessariamente intendersi il luogo di residenza reale ed effettiva, piuttosto che la residenza meramente anagrafica (ex plurismis Cass. Civ., Sez. III, 14 maggio 2013, n. 11550).
L’art. 76, comma 3, del D. Lgs. n. 159/2011 commina una sanzione penale (arresto da uno a sei mesi) al contravventore dell’obbligo di rimpatriare nel Comune di residenza, ovvero dell’obbligo di ritornare senza autorizzazione nel comune dal quale è stato allontanato.
Appare evidente come il provvedimento amministrativo del Questore, il cui contenuto è espressamente indicato dall’art. 2 cit., costituisca l’antecedente logico-giuridico all’integrazione della fattispecie penale incriminatrice.
Con la sentenza n. 3914/2020 la Corte di Appello di Palermo, Sez. I Penale, si è occupata proprio delle ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo di cui all’art. 2 D. Lgs. 159/2011 (“foglio di via obbligatorio”) e delle conseguenze penali con riferimento alla fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 76, comma 3, D.Lgs. 159/2011.
La Corte Territoriale, richiamando il più recente ed ormai consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ha rilevato come l’accertamento che la persona si trovi in un luogo diverso da quello di residenza e l’ordine conseguente di farvi (immediato) rientro costituiscono condizioni imprescindibili — e inscindibili — della legittima emissione della contestuale inibitoria, rivolta al medesimo soggetto, di fare rientro nel luogo dal quale viene allontanato senza preventiva autorizzazione.
Da ciò discende che l’assenza nel provvedimento del Questore del suddetto accertamento e/o del conseguente — necessario — ordine di «rimpatrio» rende l’atto amministrativo difforme dalla fattispecie tipica e carente di uno degli elementi essenziali previsti dall’art. 2 D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la cui mancanza é da ritenersi idonea a produrre la nullità dell’atto ai sensi dell’art. 21-septies della Legge n. 241/1990.
Secondo la decisione in esame, infatti, «il decreto del Questore che, nel concorso dei presupposti e delle condizioni di legge, si limiti a imporre il solo divieto di ritorno (ovvero alternativamente disponga il rimpatrio senza il divieto de quo) non corrisponde al modello del provvedimento tipizzato dalla legge e, pertanto, sotto tale profilo, può considerarsi illegittimo».
In effetti, nel caso posto all’attenzione della Corte palermitana, il provvedimento del Questore emesso a carico degli appellanti aveva ordinato il loro allontanamento dal territorio del Comune di Sciacca, ma non era stato accompagnato dalla contestuale intimazione di fare rientro nel luogo di residenza.
La Corte, risolvendo positivamente, in via preliminare, la questione relativa alla sindacabilità dell’atto amministrativo in sede penale, a maggior ragione nei casi in cui la legittimità dell’atto si presenti essa stessa come elemento essenziale della fattispecie penale, ha ritenuto di disapplicare l’atto illegittimo, circostanza che ha implicato l’intervenuta insussistenza del «presupposto giuridico della condotta incriminata, costituita dalla violazione della disposizione di un provvedimento validamente e legittimamente formato».
In definitiva, stante la nullità del provvedimento del Questore che si era limitato ad imporre il divieto di fare ritorno nel comune, senza intimare di fare rientro nel luogo di residenza, gli imputati venivano assolti dal reato di cui all’art. 76, comma 3, D.Lgs. 159/2011 con la formula perché il fatto non sussiste.
Avv. Emilio Scrudato