di Emilio Scrudato
Abstract
The unusability of the investigative acts carried out late in the italian jurisprudence.
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Nel procedimento penale, la fase delle indagini preliminari è di assoluta centralità, costituendo il momento nel quale la pubblica accusa raccoglie gli elementi necessari alla ricostruzione dei fatti descritti nella notitia criminis. È sulla base di tali elementi che, una volta concluse le indagini, il pubblico ministero si determinerà ad esercitare l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio della persona sottoposta alle indagini ovvero a proporre l’archiviazione del procedimento per infondatezza della notizia di reato. Come è noto, tale fase genetica del procedimento soggiace a precisi termini stabiliti dal codice di rito, in quanto l’attività del PM non può protrarsi per un tempo indefinito, sia in ragione della necessaria tempestività delle indagini, sia per la tutela della persona che non può essere troppo a lungo assoggettata all’intrusione di una inchiesta che può incidere anche significativamente sui suoi diritti. A tal fine il legislatore fissa un tempo massimo affinché il PM indaghi e decida, tempo diversamente graduato secondo il titolo di reato per cui si procede (art. 405 c. 2 c.p.p.), prorogabile anche più volte (art. 406 c.p.p.) nell’ambito di un termine massimo anch’esso modulato in base al tipo di reato e alla complessità dell’investigazione (art. 407 c.p.p.). Tanto premesso, occorre interrogarsi sugli effetti che scaturiscono dal mancato rispetto dei predetti termini.
La Corte costituzionale (sent. 10 giugno 1994, n. 239, in GiC, 1994, 1968) ha in proposito dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 405 c. 2, 3 e 4, 406 e 407 c.p.p., sollevata in riferimento agli art. 25 c. 2 e 112 Cost., sul presupposto che le menzionate norme codicistiche, predeterminando ex lege termini di durata e proroghe delle indagini preliminari e comminando la sanzione dell’inutilizzabilità degli atti di indagini compiuti spirati tali termini, imporrebbero alla pubblica accusa di operare in senso contrario al principio di obbligatorietà dell’azione. In motivazione la Consulta, richiamando la propria giurisprudenza in merito, ha nuovamente affermato la legittimità della previsione di termini per il compimento delle indagini, chiarendo che tale previsione risponde alla duplice esigenza di imprimere tempestività alle investigazioni e di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini viene assoggettato (v. anche C. cost., 2 aprile-15 aprile 1992, n. 174, in CP, 1992, 1286). Detti termini, peraltro, non sono assolutamente in contraddizione con l’art. 112 Cost., non venendo qui in emergenza alcun fattore necessariamente perturbativo delle determinazioni che il PM è chiamato ad assumere all’esito delle indagini (C. cost., 15 febbraio 1991, n. 88, in CP, 1991, II, 207).
La stessa Corte costituzionale poi ha dichiarato manifestamente infondati altresì i dubbi di legittimità costituzionale della norma in commento, sollevati in riferimento agli art. 3, 24 e 112 Cost., avendo riguardo vuoi alla previsione di un termine di durata massima delle investigazioni (v. Trib. Milano, 4 dicembre 1992, in CP, 1993, 691), vuoi all’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti successivamente alla scadenza dello stesso (Pretura Genova, 4 febbraio 1992, inedita). A parere della Consulta, infatti, la fissazione di limiti cronologici entro i quali concludere le indagini non rappresenta un fattore perturbativo delle determinazioni del PM, bensì un elemento che mira ad imprimere tempestività all’attività dell’accusa, consentendo, al contempo, di circoscrivere temporalmente la condizione della persona indagata. Secondo l’art. 407 c.p.p., invero, la scadenza del termine previsto in relazione alla fase investigativa preliminare, eventualmente prorogato, che decorre dal momento dell’iscrizione del nome della persona cui il reato è attribuito non comporta, in capo all’inquirente, alcuna decadenza dalla potestà di richiedere l’archiviazione ovvero di esercitare l’azione penale, ma l’inutilizzabilità degli atti compiuti tardivamente (Cass. pen., sez. I, 10 gennaio 2006, Genovese, in Mass. uff., 235100; id., sez. IV, 19 novembre 2004, Stagno, in Mass. uff., 231473).
L’inutilizzabilità di cui trattasi – che non si estende né agli atti di indagine autorizzati dal GIP ex art. 409 c.p.p. (Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2003, Nolfo, in Mass. uff., 224821), né a quelli esperiti ex art. 419 c. 3 e 430 c.p.p. (id., sez. II, 5 luglio 2004, Miceli, in Gdir, 2004, 37, 90), né agli elementi di prova «la cui acquisizione sia avvenuta [ad opera] di terzi», indipendentemente da qualsivoglia impulso della pubblica accusa (id., sez. III, 21 gennaio 2010, D., in Mass. uff., 246214) – «non è assimilabile all’inutilizzabilità delle prove vietate [prevista dall’] art. 191 [c.p.p.]», non essendo, conseguentemente, «rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione di parte» (in questi termini, Cass. pen., sez. II, 7 giugno 2011, Z.M.).
Per dovere di completezza, occorre qui segnalare come secondo un orientamento meno restrittivo “la sanzione della inutilizzabilità prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall’art. 405 c.p.p., non riguarda gli atti compiuti prima, ma depositati successivamente alla sua scadenza” (così Cass. pen., sez. III, 27 settembre 1995, n. 10664). Inoltre, sempre secondo i giudici romani (Cass. pen., sez. V, 12 luglio 2010, La Rosa, in CP, 2011, 3503), gli atti di investigazione compiuti «dopo la scadenza dei termini di indagine preliminare» sarebbero utilizzabili nell’ambito del giudizio abbreviato.
In definitiva, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, l’attività di indagine compiuta dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall’art. 405 c.p.p. è da considerarsi inutilizzabile; tuttavia, non essendo assimilabile all’inutilizzabilità delle prove vietate prevista dall’art. 191, non è rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione di parte. Di contro, secondo l’orientamento meno restrittivo sopra riportato, la sanzione dell’inutilizzabilità non riguarda gli atti compiuti prima del termine delle indagini anche se depositati successivamente alla sua scadenza.